Nell’articolo precedente (Per rinascere occorre lasciare andare) abbiamo parlato dell’importanza di imparare a lasciare andare per rinascere: come i rami degli alberi hanno necessità di lasciar cadere le foglie morte per dare linfa e vita ai nuovi germogli, così noi dobbiamo sfrondare le chiome della nostra esistenza di tutto ciò che è morto, obsoleto, devitalizzante, per rinascere.
<<L'uomo muore sempre prima di essere completamente nato.>>
(da “L’arte di vivere”, E. Fromm, 1989. Curiosità: il titolo originale di quest’opera è “the art of being”, ossia l’arte di “essere”, o meglio, di essere coniugato al gerundio presente.)
(da “L’arte di vivere”, E. Fromm, 1989. Curiosità: il titolo originale di quest’opera è “the art of being”, ossia l’arte di “essere”, o meglio, di essere coniugato al gerundio presente.)
Ciclicamente necessitiamo di morire per rinascere... Ma la morte, si sa, richiede che si realizzi un processo per essere superata: è quello che noi psicologi chiamiamo “elaborazione del lutto”.
Applichiamolo ai cicli della nostra vita, a questa capacità di lasciare andare per rinascere più forti, vitali, centrati, autentici. Come si fa?
Propongo due passaggi.
1. Il primo è quello che abbiamo fatto la scorsa settimana: riponi in un sacco tutto ciò che vuoi lasciare andare. Mettiti davanti al guardaroba della tua vita e raccogli tutto ciò che non ti serve più, in cui non ti riconosci, che ti crea malessere, che oggi non ti rappresenta: abitudini, interessi, luoghi, relazioni, maschere che hai indossato, valori e principi in cui hai creduto, progetti, sogni, visioni di te, ideali... All’inizio ti sembrerà difficile, poi la leggerezza che sentirai nascere in te ad ogni elemento ingombrante eliminato, farà sì che tu ci prenda gusto e forse un sacco non ti basterà… Nessun problema: hai a tua disposizione tutti i sacchi che vuoi!
Più spazio liberi, più ne avrai per metterci tutto ciò di nuovo che vorrai e che sarai...
(La visualizzazione allegata all’articolo precedente ti può rendere più agevole questo lavoro di sgombero e accantonamento. Se non l’hai fatta puoi trovarla qui: ascolta la visualizzazione)
2. Veniamo ora al momento più faticoso ma anche più trasformativo, il passaggio fondamentale perché si realizzi la tua rinascita. Per il compito evolutivo che sto per descriverti è necessario che tu sappia attivare alcune tue fondamentali risorse e capacità: guardare a te stesso/a con autenticità e onestà; metterti in discussione; sospendere il giudizio in favore dell’osservazione.
Sai perché gli errori sono la nostra fonte più preziosa per la crescita e il cambiamento e, contemporaneamente, rappresentano per molti di noi, il più grande rischio di resa (o arresa), di stallo, di sconfitta? La differenza sta nel saperli vivere come esperienze da cui trarre insegnamento o come fallimenti.
Bene, qui ti propongo di osservare tutto ciò che hai messo nel sacco nella prima accezione. Se ti è utile, fai un inventario di ciò che ti stai apprestando a lasciare andare. Dividi un foglio in due colonne e nella prima stila l’elenco di tutto ciò che non vuoi portare più con te. Ricorda che in questo elenco ci saranno anche esperienze dolorose, relazioni tossiche o dalle quali non trai più nutrimento, maschere che hai indossato… Affinché tu possa realmente chiudere il sacco e voltare pagina è necessario che compili prima la seconda colonna di questo foglio bianco: quella in cui scriverai, per ogni elemento della prima, la risposta a queste domande:
2. Veniamo ora al momento più faticoso ma anche più trasformativo, il passaggio fondamentale perché si realizzi la tua rinascita. Per il compito evolutivo che sto per descriverti è necessario che tu sappia attivare alcune tue fondamentali risorse e capacità: guardare a te stesso/a con autenticità e onestà; metterti in discussione; sospendere il giudizio in favore dell’osservazione.
Sai perché gli errori sono la nostra fonte più preziosa per la crescita e il cambiamento e, contemporaneamente, rappresentano per molti di noi, il più grande rischio di resa (o arresa), di stallo, di sconfitta? La differenza sta nel saperli vivere come esperienze da cui trarre insegnamento o come fallimenti.
Bene, qui ti propongo di osservare tutto ciò che hai messo nel sacco nella prima accezione. Se ti è utile, fai un inventario di ciò che ti stai apprestando a lasciare andare. Dividi un foglio in due colonne e nella prima stila l’elenco di tutto ciò che non vuoi portare più con te. Ricorda che in questo elenco ci saranno anche esperienze dolorose, relazioni tossiche o dalle quali non trai più nutrimento, maschere che hai indossato… Affinché tu possa realmente chiudere il sacco e voltare pagina è necessario che compili prima la seconda colonna di questo foglio bianco: quella in cui scriverai, per ogni elemento della prima, la risposta a queste domande:
- In che modo ho fatto sì che esistesse questo?
- A quali miei bisogni (di quel momento) ha risposto?
- Quali vuoti ha colmato?
- Quali ferite ha lenito?
Mentre compili questa seconda colonna, ricorda di sospendere completamente il giudizio e predisporti nei tuoi confronti con un atteggiamento di puri amore e osservazione. Non sei qui per farti il processo o punirti, ma per rinascere, per fiorire, per essere… e nessuna forma di esistenza si realizza nell’odio: tutte avvengono nell’amore
Vedi, il cambiamento (inteso come continua realizzazione del proprio essere in sintonia con i bisogni emergenti e le trasformazioni richieste dal naturale evolversi del mondo dentro e fuori di noi) per molti è faticoso perché non ci si appresta a svolgere questa seconda fase. È un lavoro doloroso se lo si svolge nel giudizio, se ci si guarda con biasimo.
Per attivare la gioia e la creatività del mettersi in discussione, anzi, “in gioco” (rende più l’idea) devi porti con te stesso come un genitore “sufficientemente buono” (D. Winnicott) o “base sicura” (J. Bowlby) con il suo bambino, come un amorevole insegnante con i suoi alunni, come un giardiniere con la sua rosa.
Per attivare la gioia e la creatività del mettersi in discussione, anzi, “in gioco” (rende più l’idea) devi porti con te stesso come un genitore “sufficientemente buono” (D. Winnicott) o “base sicura” (J. Bowlby) con il suo bambino, come un amorevole insegnante con i suoi alunni, come un giardiniere con la sua rosa.
<< Il compito principale di un uomo è dare origine a se stesso,
trasformandosi in tutto ciò che è in grado di essere>>
trasformandosi in tutto ciò che è in grado di essere>>
(E. Fromm, 1971)